ASSASSINI
Martedì 11 Ago 2020
Sui social gira un meme nel quale si vedono le metropolitane stipate, i calciatori abbracciati fra loro, le piazze della movida piene di giovani ammassati e, con stridente contrasto, i teatri vuoti. Circola da un po' di tempo perché ci lamentiamo delle restrizioni stringenti riguardanti gli spettacoli dal vivo, mentre in giro c’è un lassismo generalizzato.Dobbiamo dirci la verità, stiamo capovolgendo il problema. Trovo che sia sacrosanto salvaguardare la salute del pubblico e degli operatori mediante la limitazione della capienza delle sale; trovo altresì scandaloso che non ci sia controllo alcuno su comportamenti comuni che sono irresponsabili, se non criminali. Non vanno riempite le platee, vanno svuotati i mezzi pubblici.Non è vero che i teatri siano dei luoghi del tutto sicuri, chi calca i palcoscenici lo sa benissimo. Le orchestre itineranti, ad esempio, hanno l'enorme problema della gestione dei camerini, nei quali troppo spesso gli orchestrali scaldano gli strumenti in pericolosa promiscuità, senza distanziamento e senza mascherine, inevitabilmente. A me è capitato di dovermi cambiare in uno spogliatoio femminile (!) dentro il quale fino a pochi istanti prima le colleghe avevano suonato i loro strumenti a fiato, senza plexiglass a protezione dell'ambiente. Non venitemi a dire, per favore, che gli oggetti contaminati non infettano: ho beccato il Covid riportando nel secchiaio una tazzina di caffè che una mia cognata, all'epoca asintomatica, aveva appena maneggiato.Esiste poi l'ostacolo insormontabile delle scene troppo piccole per contenere leggii singoli, così si chiudono tutti e due gli occhi quando i musicisti non rispettano la distanza di un metro.Il limite dei duecento spettatori è spesso disatteso: mi sono ritrovato a suonare in luoghi chiusi con le sedie dedicate al pubblico, tutte occupate, che erano posizionate vicinissime fra loro ed erano svariate centinaia.Condivido la preoccupazione per i tempi difficili che ci aspettano; dall'inizio del lockdown ho perso una ottantina di concerti, quasi azzerando i miei introiti, e non è la cosa che mi abbia fatto così tanto piacere. Tra l’altro, per i concertisti non esiste cassa integrazione di sorta. Sono d'accordo, il nostro comparto dovrebbe essere economicamente sostenuto, non meno di quelli, ad esempio, del turismo e dello sport.Non possiamo, però, raccontarci la bugia che siamo indispensabili al benessere del Paese: in guerra, come è quella che stiamo vivendo, ci sono priorità che vanno al di là dei nostri specifici interessi.Tutti noi abbiamo il dovere morale di proteggere noi stessi e chi ci sta intorno. Una lunga malattia, una morte, una invalidità permanente provocata dalla cattiva gestione della pandemia all'interno dei luoghi di spettacolo sarebbe una tragedia che non potrebbe essere liquidata come "marginale, tanto è capitata agli altri e non a noi". Soprattutto se dovesse coinvolgere gli affetti più cari e più fragili, messi in pericolo se il virus si rintanasse nei respiri di noi musicisti inconsapevoli e incolpevoli, ma sintomatici a sufficienza per diventare dei potenziali assassini.