AMICONI
Pubblicato da Domenico · Sabato 14 Ott 2023
Beh sì, insomma.
Prima di un concerto, durante le prove, ci possono essere dei motivi di disagio. Siamo tutti esseri (dis)umani, i motivi ci possono essere. Ad esempio, se un direttore d'orchestra introduce con un tre-e-quattro un brano scritto in due; oppure, se il direttore dice di non aver nemmeno aperto la partitura che ha da dirigere, perché l'orchestra gli ha fornito il materiale qualche secondo prima.
Ne volete degli altri? Ma certo, di motivi di disagio ce ne possono essere tanti.
Il direttore che urla che le note sono sbagliate alla sezione dell'orchestra che non sta suonando; il direttore che intima di suonare più forte delle frasi che non esistono in partitura; il direttore che ferma l'orchestra, perché non riesce a seguire prontamente tutti i pentagrammi scritti; il direttore che chiede di cambiare il programma, perché non ha mai ascoltato i brani che deve condurre.
Se volete vado avanti.
Il direttore che interrompe la generale, pretendendo la presenza di strumentisti che non hanno da suonare; il direttore che attacca direttamente in battere, senza levare, e tratta da incapaci i musicisti che non iniziano assieme; il direttore che canta le frasi senza dirigerle; il direttore che canta le frasi inventandole di sana pianta, e poi ha la pretesa di dirigerle senza correggersi; il direttore che parla a voce alta e l'orchestra non gli dà retta, perché sta suonando fortissimo.
Il direttore che parla, parla, parla, e arriva alla fine delle prove lamentando la mancanza di tempo per leggere tutto il programma, imputando lo scarso risultato all'ignoranza degli orchestrali.
Non voglio sottrarmi, eh: tocca a me.
Il solista che sbaglia il passo e incolpa l'orchestra di averlo mandato fuori appositamente; il solista che suona stonato come una campana, e pretende che l'orchestra si adegui allo sfacelo; il solista che attacca battute fuori, perché non conosce il brano; il solista che attacca battute fuori, perché non ascolta l'orchestra; il solista che inventa una cadenza inattesa, per mettere in difficoltà il direttore; il solista che canta i passi, invece di suonarli, perché ha da girare la pagina di un concerto a lui sconosciuto; il solista che sbaglia il solfeggio e guarda in cagnesco il direttore; il solista che sbaglia appositamente il solfeggio per sputtanare il direttore, salvo poi combinare un disastro perché perde il filo; il solista che ne fa di tutti i colori e poi sostiene che l'acustica della sala è troppo confusionaria.
Ne avrei a milioni.
E gli orchestralI? Anche loro possono essere motivo di disagio, sia chiaro.
Gli orchestrali che non suonano la loro parte, e poi si offendono se il direttore chiede loro di fare almeno finta; gli orchestrali che passano ore a fissare le arcate e le diteggiature, e poi sbagliano tutte le note; gli orchestrali che guardano la partita sul tablet durante i loro soli; gli orchestrali che van fuori perché hanno i tappi sulle orecchie; gli orchestrali che sparlano dei solisti e dei direttori dopo aver massacrato la parte che hanno letto a prima vista.
Poi.
Gli orchestrali che due minuti prima della pausa alzano la mano, smettono di suonare e rivendicano i loro diritti sindacali; gli orchestrali che, dopo aver sbagliato lo sbagliabile, lasciano parti e strumenti nei camerini e sui leggii, fino alla prova successiva, tanto studiare serve a niente; gli orchestrali che sbagliano appositamente le note per poi dire che il direttore è sordo, non essendosi accorto di nulla; gli orchestrali che attaccano fuori per dispetto, perché il direttore sta loro sulle balle; gli orchestrali che sbagliano le entrate, e poi accusano il direttore di non aver dato loro l'attacco.
Soprattutto.
Gli orchestrali che, nei momenti di concertazione, scimmiottano i passo mal riusciti del solista, credendo di far notare all'universo mondo le loro enormi doti virtuosistiche, ma finendo per massacrarli ancor di più.
Ma la volete sapere tutta? A concerto finito, i motivi di disagio spariscono d'incanto, quando direttori, solisti, orchestrali, si ritrovano davanti a una pizza e a una birra, e si atteggiano ad amiconi di una vita.
Ma per favore, dai.