QUELLO CHE VI VOGLIO DIRE

© Domenico Nordio-DNC, 2022
IL LIBRO NERO
DI UNO STRIMPELLATORE
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Diventare un uomo migliore:
la mia più grande illusione.
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QUELLO CHE VI VOGLIO DIRE

Domenico Nordio
Published by Domenico · 28 May 2022
Ormai sono un insegnante di violino che fu, per scelta consapevole. Ma una cosetta ve la voglio dire lo stesso.
Avete mai chiesto cosa significhi “intonazione” nel violino? Dagli studenti ne ricaverete le risposte più fantasiose. “Suonare come fanno gli altri strumenti”; “far cadere le dita nel posto giusto” (!); “non essere stonati” (eddai). E via dicendo: il mondo è pieno di castronerie farfugliate a riguardo.

Ma la considerazione classica, quella immancabile in qualsiasi aula scolastica, è “non suonare crescenti o calanti”.
Poveri studenti, tenuti all’oscuro dei dettami tecnici basilari dai loro mentori che, a loro volta, brancolano nello stesso buio. Quante volte, infatti, i maestri hanno detto ai loro allievi “sei crescente” o “sei calante”, senza spiegarne i perché?

Eppure la risposta al terribile quesito è semplice, così come è difficilissimo, poi, metterla in pratica.
“Intonato è chi suona la stessa nota, che compare nella stessa tonalità, sempre alla stessa altezza”. Tolti, infatti, i gradi della scala dettati degli intervalli cosiddetti “giusti” (e cioè la sottodominante-quarta, la dominante-quinta e la tonica-ottava), che vanno eseguiti nel modo più oggettivo possibile, magari appoggiandosi sugli strumenti ad intonazione temperata (benedetto sia il pianoforte, sempre), tutti gli altri gradi possono essere eseguiti più alti, o più bassi, a totale piacimento. Non potrà esistere, dunque, una mediante oggettivamente “stonata”, ma esisterà una mediante stonata quando verrà riproposta ad una altezza diversa.

Chiaro?

Quattro considerazioni finali.
1- L’intonazione è una potentissima arma espressiva (ad esempio, suonare una mediante molto bassa, in un minore, o una sensibile alta, attratta dalla successiva tonica, esalta il colore della tonalità, sottolineandone gli aspetti emotivi); inoltre, è un mezzo di riconoscimento infallibile: difatti, non esiste al mondo violinista che abbia la stessa intonazione di un suo collega, per le ragioni di cui sopra.
2- L’intonazione necessita di un orecchio bene allenato dallo studio delle scale, ed è condizionata da fattori psicofisici. Tutti noi sappiamo che, quando stiamo bene in palcoscenico, tendiamo ad essere crescenti, probabilmente perché prestiamo meno attenzione ai dettagli e non assecondiamo il necessario “istinto di sopravvivenza”, quello che mette in allarme alla prima inesattezza. E poi perché, senza disagi, spingiamo di più con l’arco: una corda maggiormente sollecitata produce una nota più alta (provare per credere).
3- L’intonazione dello stesso violinista cambia di giorno in giorno, perché di giorno in giorno mutano le percezioni uditive e i desiderata espressivi. In genere, chi è più anziano è più sensibile alla “stonatura”, forse perché è consapevole che la questione è irrisolvibile. Con annessa frustrazione.
4- Meglio una nota del tutto scentrata, e cioé chiaramente non uguale a quella precedente, che la sgradevole via delle “sabbie mobili”, quella che vede i violinisti muovere le dita dopo la caduta delle dita, per cercare di assestare l’intonazione dopo che il suono è già stato emesso. Dando così la sensazione di affondare nella melma della continua imprecisione.

Coda.

Come al solito, predico bene, ma razzolo malissimo. Perché io, a cinquantuno anni di età e dopo trentacinque anni di concerti, dell’intonazione non ho ancora capito nulla.

Amen.


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