IL DOLORE

© Domenico Nordio-DNC, 2022
IL LIBRO NERO
DI UNO STRIMPELLATORE
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IL LIBRO NERO
DI UNO STRIMPELLATORE
© Domenico Nordio-DNC, 2022

Diventare un uomo migliore:
la mia più grande illusione.
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IL DOLORE

Domenico Nordio
Published by Domenico · 8 March 2022
La mia prima volta alla Filarmonica di Kiev è stata a Marzo 2014 con Beethoven, qualche giorno dopo la rivoluzione. Poi son tornato per inaugurare la stagione 2016-2017 con Brahms e ad eseguire Vivaldi nel 2018. Nel 2020 il Covid mi ha costretto a spostare il secondo di Prokofiev, che avrei dovuto recuperare il 18 di questo mese. (Un concerto di autore russo nel cuore della capitale ucraina: segno di come la musica possa essere un messaggio universale di pace)

La Sala Grande della Filarmonica di Kiev è identica alla Sala Grande della Filarmonica di San Pietroburgo: ci sono le colonne, ci sono i tendaggi, c’è un lampadario simile, l’acustica è la stessa. Kiev è solo un po’ meno profonda e un po’ più bluastra. Ucraina e Russia sono culturalmente sorelle e ciò acuisce il dolore per quello che sta accadendo. La mia angoscia ormai è incontrollabile, perché sono davvero in pena per tutti gli amici ucraini, di alcuni dei quali non ho più notizie da giorni.

Questa è una pagina del mio diario, scritta a Piazza Maidan.
Con la speranza di poterla rivedere presto nel suo splendore.

"LA RIVOLUZIONE IN UNA PIAZZA
Marzo 2014

L’odore acre dei copertoni bruciati è insopportabile.
Il grande Hotel Ucraina, palazzone di tipico stampo sovietico, che troneggia dall’alto, è chiuso ai clienti, perché sono ricoverati i feriti degli scontri dei giorni scorsi.

Un altro stabile è annerito e bucherellato: per fortuna, la vicina filarmonica, bellissima sala, gemella di quella di San Pietroburgo, è stata risparmiata, perché si trova in posizione un pochino decentrata, sulla sinistra.
A Piazza Maidan ci sono tantissimi presidi, nei quali i militari riposano, armati fino ai denti. I bambinetti giocano a calcio accanto ad una specie di pascolo di fortuna, sopra il quale due mucche sono accovacciate una sull’altra; alcuni ragazzini si avvicinano ad un baracchino, per provare le pistole che due donnone, di età avanzata, stanno pulendo con un panno di pelle di daino.

Il filo spinato è dappertutto; le trincee spezzettano il grande spazio, senza dividerlo con una logica precisa; delle casettine di legno sono poste nei vari confini, per regolare il passaggio dei pedoni.
Mi hanno detto che ci sono dei carri armati, ma sinceramente non riesco a vederli: c’è tanta gente e il fumo mi sta irritando gli occhi.

A destra dell’Hotel Ucraina, in una strada larga e in leggera salita, che curva sopra un orologio fatto di fiori, ci sono le fotografie dei caduti, tantissimi fiori, icone raffiguranti Madonne bizantine e San Basilio, una lettera scritta a pugno in una lingua a me incomprensibile, forse l’ucraino, bruciacchiata ai bordi e appoggiata sopra l’immagine di un ragazzino in divisa, che potrebbe essere morto.

A centro piazza, di fronte all’ingresso della metropolitana e a quello del supermercato Billa, un’orchestrina suona musica popolare.
Un venditore ambulante si aggira con dei sacchetti di patatine e delle bottigliette di acqua; un urlatore arringa i passanti; un omino, agghindato da cameriere parigino degli anni venti, distribuisce volantini pubblicitari del bistrot “Mafia” (eccellente modo di omaggiare l’Italia).

E poi ci sono bandiere dell’Unione Europea ovunque, a decine e decine: sventolanti dagli edifici, utilizzate a mo’ di foulard, appoggiate agli vetrine dei negozi, vendute da due omaccioni mal vestiti.
Ce n’è una addirittura dentro il Mc Donald’s, l’unico ristorante aperto, dentro il quale mi fiondo per mangiare il salvifico Big Mac, distribuito gratuitamente, perché le casse sono fuori uso.

Mi aspetto che la stessa desolante scena si ripeta anche fuori da Maidan. E invece, appena passata la grandissima rotatoria, che porta alla Filarmonica e che segna il confine della Piazza centrale, la vita scorre normalmente.
I bus sono carichi di studenti e di lavoratori, le strade sono pulite e scorrevoli, le chiese ortodosse sono aperte alle visite, i centri commerciali hanno le loro insegne accese, la metropolitana funziona regolarmente, gli stranieri sono ordinatamente in fila al posteggio dei taxi e il mio alberghetto è pieno di turisti tedeschi, che hanno preferito spostarsi a Kiev perché ad Odessa l’aria si era fatta troppo pesante."


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